Chirurgia protesica
Protesi d'anca
Oggi la protesi d’anca è considerata la soluzione definitiva per alleviare il dolore e migliorare la funzionalità. Grazie al lavoro di molti chirurghi che hanno testato vari metodi e materiali, la protesi d’anca è diventata più sicura e durevole, migliorando notevolmente nel tempo. L’evoluzione della protesi d’anca I primi tentativi di sostituzione dell’anca risalgono alla fine del 1800. Come si può immaginare, le tecniche iniziali erano molteplici ma poco efficaci: materiali come l’avorio o il vetro rendevano le protesi troppo fragili per sostenere il peso del corpo.
Negli anni ’30 del 1900, l’uso dell’acciaio inox ha permesso di impiantare la prima protesi d’anca totale, che però aveva problemi, lasciando detriti metallici nell’articolazione. Studi successivi hanno portato all’uso della ceramica, capace di ridurre l’usura della protesi in modo significativo, dimostrando una lunga durata nel tempo. Le innovazioni degli anni ’90 hanno ulteriormente migliorato i materiali e le tecniche chirurgiche, portando a risultati clinici notevoli.
L’impianto di protesi d’anca è attualmente l’intervento più comune per la ricostruzione dell’anca. La sua efficacia nel ridurre il dolore e ripristinare la funzionalità è senza pari per la coxartrosi, una patologia degenerativa che colpisce l’articolazione dell’anca.
Nei casi gravi, la protesi d’anca è la soluzione definitiva, restituendo al paziente la sua quotidianità e una camminata sicura e autonoma.
Le possibilità offerte dalla moderna chirurgia permettono due approcci:
- protesi parziale (endoprotesi), sostituendo solo la testa del femore;
- protesi totale (artroprotesi), sostituendo la testa del femore e il tetto acetabolare.
È cruciale considerare vari aspetti prima di decidere per una protesi d’anca:
- anamnesi del paziente;
- esame obiettivo;
- analisi strumentali (radiografia, risonanza magnetica).
Una valutazione accurata del dolore percepito e delle necessità funzionali del paziente è fondamentale. La visita specialistica per la protesi d’anca Le prime valutazioni durante la visita specialistica includono:
- l’andatura del paziente;
- il dolore/fastidio alzandosi da una sedia e salendo sul lettino;
- la lunghezza degli arti e eventuali deformità;
- lo stato muscolare.
L’anamnesi del paziente è cruciale per guidarlo nel percorso di guarigione: è essenziale comunicare tutte le patologie e la propria storia clinica. La manipolazione dell’articolazione aiuterà a comprendere ulteriormente la condizione, valutando lo stato vascolare, neurologico e articolare del paziente. La radiografia resta lo strumento diagnostico principale, fornendo informazioni dettagliate sullo stato dei tetti acetabolari e della testa del femore. Le informazioni raccolte, insieme all’esame obiettivo, sono solitamente sufficienti per una pianificazione preoperatoria completa. In alcuni casi, può essere necessario un approfondimento con TAC, soprattutto per pazienti con deficit osseo del bacino o deformità significative, e la risonanza magnetica può essere utile per accertare un’osteonecrosi della testa femorale, influenzando la scelta tra protesi totale o parziale.
Le terapie conservative
È fondamentale una diagnosi precoce e accurata per poter utilizzare strategie conservative che possono prevenire o ritardare una degenerazione irreversibile. I trattamenti della coxartrosi, prima di considerare la protesi d’anca, includono:
- antinfiammatori (FANS);
- fisioterapia;
- iniezioni di acido ialuronico;
- medicina rigenerativa (PRP e cellule staminali).
Una diagnosi precoce permette di ritardare la progressione della coxartrosi, controllare il dolore, mantenere la mobilità e l’autonomia del paziente. Il candidato ideale per una protesi non risponde più ai trattamenti conservativi e continua a manifestare dolore e difficoltà nella deambulazione.
Indicazioni per l’intervento
Le informazioni sulla progressione della coxalgia, del deficit funzionale e della deambulazione sono utili per scegliere il momento giusto per l’operazione. La scelta chirurgica deve considerare anche lo stato generale del paziente, indagando eventuali condizioni come:
- immunodeficienza;
- disturbi della coagulazione;
- diabete;
- patologie neurologiche.
Questi sono elementi cruciali per gestire al meglio l’intervento e il decorso post-operatorio.
Il paziente deve essere estremamente convinto e motivato, poiché la scelta chirurgica non può essere imposta e può risultare controproducente se le indicazioni post-operatorie non vengono seguite rigorosamente.
Le domande cruciali per decidere se intervenire sono:
- quanto è intenso il dolore all’anca?
- quanto a lungo il paziente riesce a camminare?
- il paziente utilizza un bastone?
- riesce a salire le scale autonomamente o utilizza sempre il corrimano o una stampella?
- indossa le calze da solo, si siede su qualunque sedia senza problemi, sale e scende dalla macchina con facilità?
La domanda più importante è:
l’attuale situazione dell’anca è accettabile?
La risposta può aiutare sia il chirurgo che il paziente a scegliere il percorso giusto.
Il percorso dell’intervento di protesi d’anca L’intervento di protesi d’anca è un percorso che include tre fasi fondamentali:
- la preparazione preoperatoria;
- l’intervento;
- la riabilitazione post-operatoria.
La preparazione pre-operatoria
La pianificazione preoperatoria è necessaria per ridurre le complicanze e ottimizzare la ricostruzione dell’articolazione coxo-femorale, utilizzando software basati sui risultati delle radiografie. A questo punto, l’operazione è la parte centrale del percorso, dove il paziente deve affidarsi completamente al chirurgo; la fiducia del paziente e l’impegno del chirurgo sono essenziali. L’operazione La protesi d’anca è in parte una nuova articolazione e in parte deve mantenere i tessuti molli del paziente. Questo è cruciale per la mini-invasività, che non significa solo una ferita chirurgica più piccola, ma rispetto dei tessuti adiacenti, fondamentali per la guarigione e il corretto funzionamento della protesi.
Un approccio mini-invasivo include:
- l’incisione;
- il posizionamento dei divaricatori;
- la coagulazione;
- la rimozione di eventuali osteofiti;
- il mantenimento dell’osso senza essere troppo demolitivi;
- l’inserimento della protesi;
- la rimozione di detriti per evitare calcificazioni;
- il controllo della tensione dei tessuti molli durante l’intervento;
- la sutura.
Un altro aspetto fondamentale è la possibilità di un futuro intervento, dato che l’età media dei pazienti è diminuita e l’aspettativa di vita è aumentata. Essere “chirurgicamente gentili” è un dovere sia chirurgico che etico, necessario per garantire una gestione ottimale del paziente nel lungo termine.
La riabilitazione post-operatoria
L’ultima fase del percorso vede il paziente come protagonista, che deve seguire la riabilitazione post-operatoria, testando progressivamente la nuova articolazione. La protesi d’anca deve entrare in sintonia con la vecchia articolazione. Anche se fornisce una struttura solida, l’anca non è fatta solo di osso e cartilagine, ma anche di muscoli e tendini, che devono essere salvaguardati. La riabilitazione post-operatoria, infatti, è fondamentale per riacquistare l’autonomia completa e deve essere seguita con impegno e dedizione.
Protesi del ginocchio
La protesi del ginocchio è raccomandata per patologie muscoloscheletriche degenerative come la gonartrosi, che in fase avanzata causa dolore e limitazione funzionale. Nei casi più gravi, può portare a deformità articolare.
Gonartrosi, l’artrosi del ginocchio
La gonartrosi è una patologia degenerativa caratterizzata dalla riduzione della cartilagine delle superfici articolari. Le principali cause sono il peso eccessivo, l’obesità, la sedentarietà e fattori genetici non completamente chiari. L’artrosi può anche derivare da fratture articolari pregresse, deformità congenite, infezioni articolari e patologie metaboliche come il morbo di Paget.
Diagnosi
La gonartrosi viene generalmente diagnosticata con una radiografia, preferibilmente sotto carico, poiché il peso corporeo evidenzia la riduzione dello spazio articolare tra i capi ossei. Questo permette di valutare l’usura della cartilagine.
Quando è indicata la protesi al ginocchio
La decisione di eseguire una protesi del ginocchio dipende da vari fattori. La sostituzione protesica è solitamente necessaria quando l’articolazione è talmente usurata o danneggiata da ridurre la mobilità e provocare dolore. L’intervento diventa necessario anche quando altri trattamenti meno invasivi non offrono benefici significativi. Patologie come diabete, cardiopatie, malattie respiratorie, artrite reumatoide, gotta e infortuni possono danneggiare il ginocchio. Altri fattori importanti sono le aspettative e lo stile di vita del paziente.
La protesi di ginocchio con la chirurgia mini-invasiva
L’intervento protesico può essere eseguito con la chirurgia mini-invasiva, una tecnica innovativa che rispetta i tessuti del corpo. Le protesi monocompartimentali sostituiscono solo la parte danneggiata del ginocchio, mentre le protesi totali conservano il legamento crociato posteriore e, in alcuni casi selezionati, anche il legamento crociato anteriore.
Tipologie di protesi di ginocchio
Esistono diversi tipi di protesi del ginocchio, scelti in base al grado di artrosi, alla sua localizzazione e alla geometria dell’articolazione.
Protesi monocompartimentale
Queste protesi sono meno invasive, sostituendo solo la parte del ginocchio usurata. La gonartrosi non sempre colpisce tutta l’articolazione, spesso limitandosi a un solo comparto, generalmente quello interno. Si utilizzano protesi monocompartimentali mediali, laterali e femororotulee.
Protesi di ginocchio bilaterale simultanea
La protesi monocompartimentale può essere eseguita contemporaneamente su entrambe le ginocchia in un unico intervento, riducendo le spese sanitarie, il tempo anestesiologico e il rischio infettivo, senza rallentare il recupero funzionale del paziente.
Protesi totale di ginocchio
Le protesi totali variano a seconda dello stato dei legamenti crociati. Sono indicate quando l’artrosi coinvolge tutta l’articolazione. Possono conservare il legamento crociato anteriore e posteriore, solo posteriore, o prevedere la sostituzione di entrambi.
Protesi di revisione
Quando è necessario rimuovere una protesi già impiantata, si utilizzano protesi di revisione che compensano il deficit osseo residuo. Per i pazienti allergici ai metalli si usano protesi anallergiche in titanio.
Fast track: la riabilitazione rapida dopo la protesi di ginocchio
Il percorso Fast-Track è multidisciplinare e mira a ridurre lo stress operatorio per il paziente e la durata del ricovero. Permette un rapido ritorno alla quotidianità grazie a una gestione coordinata prima, durante e dopo l’intervento, riducendo lo stress psico-fisico e il dolore post-operatorio, e favorendo la ripresa del movimento.
Il nostro obiettivo è far camminare il paziente a 6 ore dall’intervento, indipendentemente dal tipo di chirurgia eseguita. Questo richiede il coordinamento tra ortopedico, anestesista, fisioterapista, fisiatra e infermiere.
Attività sportiva consigliata per chi è stato operato al ginocchio
Dopo l’intervento, sono sconsigliati gli sport da contatto come arti marziali, calcio e basket. Sono invece raccomandati il tennis, il nuoto e il golf. Anche le passeggiate in montagna sono consigliate. Controlli clinici e radiologici vengono effettuati a 1-3-6 e 12 mesi nel primo anno, e annualmente in seguito.
Complicazioni e revisione della protesi di ginocchio
Infezione periprotesica
L’infezione è la complicazione più frequente, con una percentuale variabile tra l’1% e il 3%, a seconda del tipo di protesi. Fattori di rischio come diabete, fumo, fratture pregresse e obesità aumentano questa percentuale.
Revisione della protesi di ginocchio: quando farla e perché
La protesi del ginocchio è uno degli interventi ortopedici più comuni. Tuttavia, alcuni pazienti possono rimanere insoddisfatti del risultato, richiedendo una revisione della protesi. Vediamo in quali casi e quando è necessaria la revisione.
Domande e risposte sulla protesi al ginocchio
Come dormire dopo l’intervento?
È fondamentale mantenere l’estensione completa del ginocchio, dormendo con le ginocchia estese, soprattutto nei primi giorni post-operatori. Una volta raggiunto questo obiettivo, il paziente non ha particolari limitazioni durante il riposo notturno.
Perché la mia protesi si muove o fa rumore?
È normale che la protesi del ginocchio abbia un certo grado di movimento, che però non deve essere eccessivo per mantenere la stabilità articolare. Anche il rumore articolare è normale e non deve preoccupare il paziente in assenza di dolore.
Devo fare la protesi al ginocchio, che tipo di anestesia subirò?
Nella maggior parte dei casi si utilizza un’anestesia spinale, che addormenta solo le gambe. L’anestesia generale viene eseguita solo in casi particolari, come grave artrosi del rachide lombare o interventi chirurgici pregressi alla schiena.
Come sbloccare la protesi?
Dopo l’intervento, il ginocchio può essere rigido. Le cause possono includere un ginocchio troppo stabile, insufficiente fisioterapia o artrofibrosi. È fondamentale consultare il proprio ortopedico al più presto. Spesso basta intensificare la fisioterapia e aggiustare la terapia farmacologica; raramente è necessaria una mobilizzazione forzata sotto anestesia.
Quali sono i materiali della mia protesi?
Le protesi standard sono fatte di leghe metalliche come Nickel, Cromo, Cobalto e Molibdeno. Esistono varianti anallergiche in titanio per chi è allergico al Nickel.
È possibile fare la risonanza magnetica con una protesi di ginocchio?
Sì, è possibile. In alcuni centri potrebbe essere richiesta l’informazione sui materiali della protesi, quindi è importante avere una copia della cartella clinica o consultare il proprio ortopedico.
Quanti punti saranno necessari per chiudere la ferita? Quanto sarà lunga la cicatrice?
Da alcuni anni si usano suture avanzate che riducono il contatto con l’ambiente e migliorano i risultati estetici delle ferite. Si utilizzano fili riassorbibili, cerotti trasparenti e colla biologica per sigillare la ferita.
Protesi della spalla
La spalla è un’articolazione capace di eseguire un’ampia gamma di movimenti che consentono di compiere le attività quotidiane e i gesti sportivi che coinvolgono l’arto superiore. La spalla è costituita da tre componenti: la parte superiore dell’omero, la scapola e la clavicola. Questi elementi formano un complesso articolare distintivo, e la sinergia dei movimenti permette alla spalla di effettuare movimenti ampi in tutte le direzioni. Per questo motivo, la spalla è un’articolazione molto intricata, la più mobile del corpo umano, ma anche la più vulnerabile a lesioni e incidenti.
L’articolazione gleno-omerale è la più conosciuta del complesso articolare della spalla. Si compone della testa dell’omero, che si inserisce nella cavità della glena della scapola. Questa articolazione è protetta e rafforzata da una solida capsula articolare (una “guaina” di tessuto connettivo fibroso) e da importanti legamenti di supporto. La stabilità della spalla, determinata dalla forma delle superfici articolari (la testa dell’omero è molto più grande della cavità della glena della scapola), è in parte compensata da un labbro o cercine glenoideo, un anello fibrocartilagineo che aumenta la profondità della glena e favorisce una maggiore stabilità dell’articolazione. Inoltre, la stabilità articolare è ulteriormente supportata da un complesso muscolare fondamentale come la cuffia dei rotatori. I movimenti dell’articolazione gleno-omerale consentono al braccio di muoversi in ogni direzione grazie al contributo delle altre articolazioni.
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