Patologie della spalla

Le rotture della cuffia dei rotatori della spalla

Rottura della cuffia dei rotatori della spalla

La cuffia dei rotatori è una complessa rete di tendini che svolgono un ruolo fondamentale nel movimento e nella stabilità della spalla. È formata da quattro muscoli: sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo e sottoscapolare, oltre al capo lungo del bicipite. Questi muscoli lavorano insieme per il corretto funzionamento della spalla. Le patologie che colpiscono la cuffia dei rotatori sono molto comuni e possono essere suddivise in due tipi principali: traumatiche e non traumatiche o degenerative.

Queste lesioni possono essere considerate come parte del naturale declino delle capacità muscolo-tendinee legato all’invecchiamento, con un aumento significativo dopo i 50 anni. Il dolore alla spalla è presente nel 30-70% dei casi di patologie della cuffia dei rotatori. L’incidenza delle rotture della cuffia dei rotatori varia dal 5% al 40% delle persone. Tuttavia, non tutte le rotture sono dolorose e le donne sono più frequentemente colpite rispetto agli uomini, probabilmente per ragioni ormonali.

Cause della rottura della cuffia dei rotatori

Le cause possono essere molteplici e si suddividono in due grandi gruppi: estrinseche e intrinseche.

Fattori estrinseci

I fattori estrinseci sono stati studiati a lungo e sono quelli maggiormente riportati in letteratura. La teoria dell’impingement subacromiale, formulata da Neer negli anni ’70, ne è un esempio classico. I carichi eccessivi e i microtraumi ripetuti sono responsabili delle tendinopatie e delle rotture della cuffia dei rotatori. Le attività sportive overhead (come pallavolo e pallacanestro) e il lavoro prolungato con gli arti superiori possono favorire l’insorgenza di queste patologie.

Fattori intrinseci

Recentemente, sono emerse prove del coinvolgimento di fattori metabolici e ormonali. Diabete mellito, patologie tiroidee, alterazioni ormonali, ipercolesterolemia e obesità sono stati tutti collegati a rotture della cuffia dei rotatori. Il diabete mellito è un fattore di rischio importante, e disfunzioni tiroidee sono spesso associate a rotture non traumatiche della cuffia dei rotatori nelle donne anziane (60-80 anni). Il fumo è un altro fattore di rischio significativo, poiché riduce il trasporto di ossigeno ai tessuti, influenzando negativamente la guarigione post-chirurgica.

Sintomi e diagnosi della rottura dei tendini della cuffia dei rotatori

Il dolore è il sintomo principale e può irradiarsi al braccio e al collo, peggiorando di notte. In alcuni casi, una rottura non è associata a dolore e viene scoperta casualmente. Altri sintomi includono affaticabilità del braccio e difficoltà nei movimenti quotidiani, come allacciarsi il reggiseno o prendere oggetti da uno scaffale.

Gli esami diagnostici includono:

  • Radiografia: valuta la presenza di artrosi e calcificazioni.
  • Risonanza magnetica: esame più indicato per valutare dettagliatamente l’entità della rottura, la retrazione e la degenerazione dei tendini.
  • Ecografia: utile per valutare le strutture tendinee, ma meno precisa nel determinare la durabilità della riparazione.

Trattamento della rottura dei tendini della cuffia dei rotatori

Non sempre è necessario operare una rottura dei tendini della cuffia dei rotatori; dipende dal caso specifico.

  • Giovani pazienti con rottura traumatica: Si consiglia l’intervento chirurgico il prima possibile (entro 3-6 mesi) per garantire migliori risultati post-operatori.
  • Pazienti anziani con rottura degenerativa: Si preferisce un trattamento conservativo con fisioterapia, soprattutto per coloro con oltre 65 anni, poiché la qualità del tendine è spesso scarsa, aumentando il rischio di ritornare.

Intervento chirurgico

L’intervento di riparazione consiste nella reinserzione dei tendini nella loro posizione originale sulla testa dell’omero. Generalmente, viene eseguito in artroscopia, attraverso piccole incisioni di circa 1 cm. Dopo l’intervento, si consiglia l’uso di un tutore per 3-4 settimane e un periodo di rieducazione funzionale di circa 2 mesi.

Non sempre è possibile eseguire l’intervento di riparazione per via artroscopica. Nei casi di pazienti più anziani con grosse rotture che coinvolgono più tendini, si può indicare un intervento di protesi inversa di spalla.

Tendinopatia calcifica

La tendinopatia calcifica è provocata dalla presenza di depositi di calcio nei tendini della cuffia dei rotatori. Questa condizione può interessare qualsiasi tendine, con una frequenza maggiore nei tendini della spalla e del tendine d’Achille. Si manifesta principalmente con dolore, che può essere molto intenso, causando una significativa limitazione funzionale nel paziente.

Studi recenti hanno dimostrato che la presenza di calcificazioni nei tendini è associata a patologie endocrino-metaboliche, come il diabete mellito e l’ipotiroidismo. Due ricerche recenti hanno evidenziato che la tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori e del tendine d’Achille è più frequente nei pazienti sopra i 50 anni, affetti da diabete e problemi tiroidei, ed è una comune fonte di dolore.

Per diagnosticare questa condizione, sono necessarie una radiografia, che mostra chiaramente la calcificazione, e una risonanza magnetica, che valuta le dimensioni della calcificazione e lo stato di salute dei tendini.

Il trattamento può essere conservativo, mini-invasivo o chirurgico artroscopico, con l’obiettivo di alleviare il dolore e migliorare la funzionalità della spalla. I trattamenti non chirurgici che hanno dimostrato maggiore efficacia includono le onde d’urto, che rompono la calcificazione dall’esterno, e il lavaggio con ago (needle lavage), che consiste nello svuotamento della calcificazione mediante lavaggi di soluzione fisiologica, attraverso un ago inserito sotto guida ecografica nel deposito calcifico.

Quando i trattamenti non chirurgici non risultano efficaci, o se la calcificazione è di grandi dimensioni, è consigliato l’intervento chirurgico artroscopico. Durante questo intervento, si rimuove la calcificazione e si ripara il tendine lesionato.

Lussazione ed instabilità di spalla

L’articolazione della spalla è composta da tre ossa: l’omero, la clavicola e la scapola, connesse da muscoli, tendini e legamenti. La testa dell’omero si inserisce parzialmente in una cavità chiamata glenoide, parte della scapola. Questa articolazione è molto mobile, permettendo ampi movimenti della mano in tutte le direzioni, a scapito però della sua stabilità. La stabilità è garantita da una robusta capsula articolare e dai muscoli circostanti, specialmente i tendini della cuffia dei rotatori.

Definizione di lussazione della spalla

La lussazione della spalla è la perdita di rapporti articolari con fuoruscita della testa dell’omero dalla sua sede anatomica, solitamente a seguito di un trauma. La probabilità di una nuova lussazione aumenta dopo la prima a causa della rottura delle strutture capsulo-legamentose. La spalla può lussarsi anche in assenza di traumi, in caso di movimenti semplici.

Instabilità della spalla

L’instabilità si verifica quando la spalla esce dalla sua sede naturale, causando dolore durante certi movimenti o posizioni. Quando le lussazioni sono ripetute nel tempo, si parla di lussazione recidivante.

Fattori di rischio

L’instabilità è più comune nei giovani, specialmente nei maschi, ed è spesso legata all’attività fisica e lavorativa intensa.

Trattamento della lussazione della spalla

Il trattamento del primo episodio di lussazione è generalmente conservativo, basato sulla fisioterapia. Gli esercizi mirano a migliorare la biomeccanica della spalla e il controllo neuromuscolare. Se dopo sei mesi di terapia conservativa non si ottengono risultati, si considera l’intervento chirurgico, seguito da una fisioterapia adeguata.

Intervento chirurgico

Chirurgia artroscopica: La maggior parte dei casi viene trattata con l’artroscopia, una tecnica minimamente invasiva che comporta minor trauma muscolare, meno dolore post-operatorio e un recupero più rapido. Dopo l’intervento, si utilizza un tutore per quattro settimane, seguito da un percorso di riabilitazione specifico.

Lussazione dell'articolazione acromion claveare

Che cos’è la lussazione dell’articolazione acromion-claveare?

L’articolazione acromion-claveare è una delle articolazioni che compongono la spalla, insieme alla gleno-omerale e alla scapolo-toracica. Essa è formata dalla parte terminale della clavicola (porzione laterale) e dall’acromion, una protuberanza ossea della scapola. Questa articolazione è piccola ma complessa, comprendendo una serie di legamenti, una capsula articolare, e una struttura simile ai menischi del ginocchio. È fondamentale per il corretto funzionamento della spalla.

La lussazione dell’articolazione acromion-claveare è un evento comune negli arti superiori, solitamente causato da un trauma diretto sulla spalla o indiretto sul gomito. In caso di lesione, la spalla è tirata giù dalla gravità e la clavicola è risalita a causa dell’azione dei muscoli, provocando deformità visibile, dolore e fatica durante le attività quotidiane e sportive.

Le lussazioni dell’articolazione acromion-claveare sono tutte uguali?

Le lussazioni dell’articolazione acromion-claveare si dividono in diversi gradi secondo la classificazione di Rockwood e Green, in base alla gravità della lesione e alla posizione della clavicola. Bisogna inoltre distinguere tra lussazioni acute (meno di 6 settimane) e croniche (più di 6 settimane), poiché questa distinzione influenza la possibilità di guarigione e determina il tipo di intervento chirurgico necessario.

Quando è indicato l’intervento chirurgico per la riparazione della lussazione acromion-claveare?

Le lussazioni di grado I e II possono essere trattate senza intervento chirurgico, con fisioterapia e terapia antidolorifica. Per le lussazioni di grado III, il trattamento viene valutato caso per caso in base alle esigenze funzionali del paziente.

  • Intervento acuto (meno di 6 settimane): Il trattamento più comune è la riduzione della lussazione e la ricostruzione dei legamenti con un sistema di fili ad alta resistenza e bottoni (es. sistema Tight Rope Arthrex®). Questo intervento viene eseguito in artroscopia con una piccola incisione, risultando migliore anche dal punto di vista estetico.
  • Intervento cronico (più di 6 settimane): La procedura più utilizzata è la ricostruzione secondo Waver-Dunn, che consiste nella resezione di 1 cm dell’estremo laterale della clavicola e nella stabilizzazione attraverso la trasposizione del tendine coraco-acromiale. Questo tipo di intervento è preferibile per le lussazioni croniche di tipo III, anche se non sempre riesce a ripristinare la funzionalità normale dell’articolazione.

Cosa fare dopo l’intervento?

Dopo l’intervento, viene applicata una medicazione e un tutore leggero di spalla. Il paziente deve indossare il tutore per 6 settimane, mantenendo la spalla prevalentemente a riposo. Successivamente, è necessario un percorso di riabilitazione e recupero funzionale con un fisioterapista.

  • Ripresa della guida: Possibile dopo 2 mesi dall’intervento.
  • Ripresa delle attività lavorative: Possibile dopo 1-2 mesi, secondo la professione.
  • Ripresa delle attività sportive: Di solito inizia 3 mesi dopo l’intervento, ma possono essere necessari 4-6 mesi per riprendere tutti gli sport, soprattutto quelli che sollecitano la spalla.

Questi trattamenti mirano a garantire la guarigione completa e a ridurre il rischio di complicanze post-operatorie, garantendo un buon recupero funzionale a lungo termine.

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